Gli editori della preziosa rivista “ACQUAVIVA TERRA DI BARI – rivista di storia e arte.” hanno gentilmente concesso l’autorizzazione a pubblicare sul sito della nostra Fondazione, il pregevole articolo dell’Architetto Giovanni Fraccascia “L’eredità della Basilica Palatina di Acquaviva delle Fonti: il Regio Ricovero di Mendicità Umberto I”.

L’articolo narra di una fatica: quella di pensare e progettare per una fabbrica monumentale, vetusta e carica di storia, un nuovo e rinnovato destino. Nell’autunno del 2001 l’Ente Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti, che  la  deteneva in locazione, utilizzandola prevalentemente come sede del COI (Centro Odontoiatria Infantile) e di alloggiamento per le suore operatrici sanitarie, decise, a seguito della realizzazione del nuovo monoblocco ospedaliero, di rilasciarla alla legittima proprietà. Da allora la nobile struttura, già sottoposta tra il 2005 ed il 2006 ad alcuni lavori urgenti di restauro e manutenzione straordinaria, è rimasta inutilizzata. Malgrado volontà ed impegno, che non sono mai mancati da parte degli amministratori, le vicende che si sono susseguite in questo, certo non breve, arco temporale, non ultima quella fondamentale della soppressione dell’Ente morale “Opere Laiche Palatine Pugliesi” e la sua trasformazione in Fondazione di diritto privato dall’omologa denominazione (D.P.R. 29/10/2010 N. 263), hanno impedito che si realizzassero compiutamente le opere e gli interventi secondo le progettualità pure sviluppate in precedenza.

Occorreva peraltro superare ostacoli non semplici di vario genere ed entità, come per esempio:

  1. Affrontare una nuova ed affatto originale progettazione in funzione di una destinazione d’uso più adeguata al contesto sociale ed economico in rapida trasformazione e mutamento. Come si evince dall’articolo di Fraccascia, la volontà di conservare la struttura architettonica in tutta la sua originale bellezza e nel suo assetto tipologico, ne limitava, alla luce anche delle attuali normative, un utilizzo di tipo residenziale. Infatti molti di coloro, tra i privati accreditati, che si sono avvicendati nelle visite e nei frequenti sopralluoghi, pur essendone attratti, in considerazione anche degli ampi spazi esterni disponibili, non hanno mai dato seguito agli intendimenti espressi di prenderla in carico: troppo divario costi/ricavi. Ne discendeva di conseguenza, per la proprietà, la necessità, di provvedere essa stessa ad una riacquisizione funzionale dell’immobile. Il che, per la Fondazione significava un piano di fattibilità con un progetto complessivo di ristrutturazione basato su una nuova e più confacente destinazione d’uso;
  2. Trovare la possibilità di rimettere a rendita un patrimonio nel rispetto delle finalità vocazionali che lo Statuto prevede. Quindi immaginare un soggetto organizzato, operativamente rivolto al sociale che fosse in grado, una volta conclusi i lavori di recupero, di subentrare nella gestione della struttura, garantendone allo stesso tempo autonomia organizzativa e sostenibilità;
  3. Liberare la Fondazione, in maniera definitiva, da un annoso contenzioso con la  Municipalità che, dell’Umberto I, ne ipotecava la proprietà.

Questi ed altri numerosi ostacoli, se pure hanno ritardato il realizzarsi di una ben precisa volontà più volte espressa nei vari deliberati  dai CdA, rispettivamente sia dell’ex Ente che della più recente Fondazione, sono stati via via con pazienza e determinazione affrontati e superati grazie ad un gruppo di persone, professionisti e tecnici, che hanno non solo prodotto un progetto nuovo, innovativo, moderno ed originale, ma hanno creato altresì concretamente le condizioni per realizzarlo. Va sottolineato, a loro onore, che tutto questo è stato fatto in maniera quasi volontaristica e con grande slancio di generosità verso la struttura e la comunità di appartenenza. Per questo non finiremo mai di essere grati a Giovanni Fraccascia, uno dei principali componenti del gruppo che, come si evince dall’articolo che abbiamo qui il piacere di pubblicare, è stato fra i principali artefici del progetto.